Non mi sarei mai imbattuto nei Turchi se non fossi stato uno di quei
tipacci che leggono il Busca in maniera più che assidua. Ma trattandosi di un
dato di fatto - rifornisco costantemente le mie energie musicali nutrendomi di
recensioni di una delle poche riviste (forse attualmente l’unica in Italia) che
considero di un certo livello - nel numero di Giugno 2013 un'articolo niente
poco di meno che del mitico Paolo Carù mi incuriosisce a tal punto da spingermi
ad acquistare tutti e 3 i digital downloads, ad oggi esistenti, di questa Band
proveniente dalle contee di Panola, Tate e Marshall, profondo Sud, Mississippi.
L’accostamento fatto ai Turchi dal Busca è al sound di grandi esponenti del blues del
delta, andati ed attuali, quali Fred McDowell, R.L. Burnside, Junior Kimbrough
e Kenny Brown, nonché ai North Mississippi Allstars di Luther Dickinsonn ed ai
Drive-By Truckers. Una formazione che nasce alla fine del 2011 e che, come in
una fulminea pellicola, produce un album live di ottima fattura, nonché un
album in studio full-length più un EP praticamente in meno di due anni.
Ma andiamo con ordine.
Formazione che ruota attorno alla
figura del suo leader Reed Turchi (composizione
dei pezzi, voce e chitarra solista) - padrone della tecnica slide e delle scale
blues al punto da rendere tali elementi la costante del sound della Band - che
unisce le forze con l’ottimo batterista Cameron
Weeks, dal tocco “Bohnamiano” e presente, in grado di conferire senza
troppi fronzoli un groove bello “dritto” ed efficace alle canzoni infilate
all’interno di questi tre dischi. Attorno a loro si alternano una serie di
altri musicisti; in particolare si avvicendano al basso, in un via-vai
piuttosto veloce, vari musicisti della scena locale prima di arrivare all’assestamento
attuale con Andrew Hamlet. Il power
trio così composto si avvale poi della collaborazione di John Troutman a sostegno di Reed Turchi alla seconda chitarra e
pedal steel, e di Brian Martin
all’armonica.
E veniamo ad alcune
considerazioni sul sound.
L’ascolto dei tre album è
senz’altro piacevole. Delta blues e southern rock sono le etichette che senza
dubbio mi sento di attribuire alle loro sonorità. La voce di Reed Turchi è
molto aspra e “cattiva”, mi fa venire in mente quella di Dan Auerbach dei Black
Keys, o meglio ancora quella di Fredrick "Joe" Evans IV dei Left Lane
Cruiser, forse un po’ meno strozzata dal whiskey di quella del secondo. Ma i
Turchi sono tecnicamente più dotati di Band come i Left Lane Cruiser, i Black
Moses o i Bassholes (non a caso sto facendo un accostamento ad esponenti del
c.d. “punk blues”), che prendono a prestito le sonorità del delta per tradurre
in chiave vintage le loro radici essenzialmente punk. Non è un violentare le
chitarre ed alzare il livello dei decibel fino a rasentare atmosfere da live
dei Sex Pistols, i Turchi sono più puliti e suonano bene, prendono il blues e
lo declinano nel migliore dei modi, in chiave “moderna” se vogliamo,
preservandone però la durezza e l’efficacia. Lo suonano in modo “serio”, se
vogliamo. Effettivamente il paragone ai North Mississippi Allstars calza molto
bene, ed in un ideale spettrometro che pone agli estremi le influenze dei
Turchi, metterei i Black Keys a sinistra ed i NMA a destra, con una forte
tendenza verso il polo di destra.
La prima produzione dei Turchi è “Road ends in water” (2012), album registrato
in studio con la collaborazione di Luther
Dickinson alle chitarre. Come scrivevo, pezzi molto “dritti” ed essenziali
con una sezione ritmica efficace ed affiatata. Colpiscono, fra gli altri, Dr. Recommended (Satisfaction Guaranteed),
pezzo “piantato a terra” e “strisciante”, e Junior’s
Boogie, da “piangi sulla tua birra” che mi riporta alle atmosfere dei
Little Feat di Lowell George. In generale, voti ottimi per tutte le canzoni,
purchè la predisposizione all’ascolto di questo album non sia quella di
attendersi qualcosa di originale e di nuovo. I Turchi suonano il blues e lo
sanno fare bene, rivisitano con grande tecnica capitoli già scritti, ci mettono
qualcosa del loro, ma non inventano l’acqua calda; capacità che peraltro, di
solito, non è prerogativa dell’appassionato ascoltatore di southern rock e
delta blues, che va piuttosto alla ricerca di Band come questa che hanno le
credenziali per saper ripercorrere con sicurezza le polverose strade, già
battute dai Grandi Maestri, del Blues con la B maiuscola.
Discorso che si può riproporre in
maniera quasi del tutto integrale dopo l’ascolto di “Live in Lafayette” (2013), registrato dal vivo all’Atmosphere di Lafayette. A credito di
questo album c’è da evidenziare che si
tratta di un live registrato assolutamente in presa diretta e senza il minimo
ritocco, quello che si sente è quello che viene fuori dal cuore di questi
cinque intrepidi bluesmen avvezzi al mestiere. Non menano affatto il can per
l’aia, i Nostri, vanno sparati al dunque con pezzi come Big Mama’s Door (pezzo di apertura, bellissimo riff di Reed Turchi
e stomp trascinante di Cameron Williams), Don’t
Let The Devil Ride (mettiti in macchina e guida in una strada senza luci
senza aver rigorosamente idea di dove tu stia andando), e Shake ‘Em On Down (qui sembra di essere sotto il palco dei North
Mississippi Allstars a Bonnaroo 2004, quando registrarono un live
dall’intensità simile, e forse sì anche superiore, quell’“Hill Country Revue”
che rimarrà per sempre uno dei più grandi album live della storia del Southern
Rock).
Ascolto infine l’EP “My Time Ain’t Now” (2013) dove i
Nostri cercano di sperimentare qualcosa di leggermente diverso dal puro blues
del delta. Colgo un maggior impegno lirico, mi piace fra gli altri la ballata Any Other Way. C’è oltre al blues una
buona dose di folk, che riporta alcune atmosfere dell’EP quasi vicino a Bob
Dylan e a The Band.
Nel complesso sono contento,
ancora una volta, di aver comprato il Busca… che finchè c’è da scoprire nuove
Bands dalla penna di chi ne sa, c’è da fidarsi. Una Band che non passa
inosservata, e che vale la pena sedersi ad ascoltare se ti ci imbatti in un
piccolo live club di periferia sperduto tra i sobborghi metropolitani di una
qualche città del profondo Sud. O magari far partire l’album mp3 acquistato su
Bandcamp, comodamente seduti sulla poltrona di casa, o infine avendo la fortuna
di ritrovarseli in Italia, come hanno fatto nel 2013 nel corso del loro
brevissimo tour in Europa (tra le altre date italiane, in locali come l’Unaetrentacinquecirca
di Cantù, e l’Init di Roma, ottobre-novembre 2013).
Ride & Rock
D.M.
DISCOGRAFIA
Road ends in water (2012)
Live in Lafayette (2013)
My Time Ain't Now (2013)